CHIANALEA DI SCILLA (RC)
Le origini sono antichissime, confuse tra mitologia, storia, leggenda e poetiche immagini
alimentate per millenni dalla suggestività dell'ambiente naturale.
Pausania (grammatico di Cesarea), racconta che Scilla fu figlia di Niso, re di Megara. La principessa aiutò il re Minosse contro
il proprio stesso padre permettendogli di conquistare delle terre che erano sotto il suo dominio. Il vincitore poi, non solo rifiutò di sposarla, ma l'abbandonò alle onde del mare, che ne
portarono il corpo, di greca mirabile fattura, ai piedi del promontorio a cui fu dato il nome della vaga infelice fanciulla:
« esso si trova a 12 miglia da Messina, lungo la costa febea. »
Secondo Palifato, Polibio e
Strabone il primo nucleo abitato di Scilla risalirebbe ai tempi della guerra di Troia. In questa remota epoca si è soliti riconoscere nella penisola italica ondate di migrazioni di popolazioni
ibero‐liguri provenienti dal mare e dirette verso sud. Si ritiene dunque che tali popolazioni potrebbero aver fondato qualche villaggio lungo i terrazzamenti più bassi del crinale aspromontano
sud‐ occidentale, degradante verso lo Stretto. Trattandosi di popoli di pescatori, presumibilmente elessero come area d’insediamento il sito adiacente la rupe centrale di Scilla, dove la presenza
dei numerosissimi scogli agevolava la pratica della pesca, consentendo al tempo stesso la costruzione delle rudimentali capanne.
Tale ipotesi è in parte avvalorata dallo stesso Omero allorquando, nel descrivere Crataia
come madre di Scilla, lascia intendere l’esistenza di uno stretto legame tra questa e la nascita del mito del Monstruum Scylaeum, da intendersi sorto ancora alla prima frequentazione umana del
tratto di mare antistante l’odierna cittadina. Dal momento che Crataia è da più parti identificata con il vicino torrente Favazzina, ancora ai tempi del Barrio chiamato fiume dei pesci, se ne
potrebbe dedurre che gruppi di popoli dediti alla pesca, giunti via mare lungo la bassa costa tirrenica, inizialmente siano approdati alla foce di questo fiume,

Il più antico borgo di Scilla è Chianalea e deriva il suo nome da "piano della galea", ma è
chiamato anche Acquagrande o Canalea, perché le piccole case che sorgono direttamente sugli scogli sono separate le une dalle altre da piccole viuzze, simili a canali, che scendono direttamente
nel mare Tirreno.
La Storia
dove era agevole praticare l’attività, e successivamente si siano spostati più a sud,
trasferendo la propria residenza presso la costa scillese, più ricca di pesci.
In mancanza di precedenti testimonianze attendibili circa le epoche più remote, si è propensi a far risalire la
prima fortificazione di Scilla agli inizi del V secolo a.C., allorquando durante la tirannide di Anassilao la città di Reggio raggiunse una notevole importanza, che le permise di ostacolare per
oltre due secoli l'ascesa di potenze rivali.
Strabone racconta che nel 493 a.C. il tiranno di Reggio, Anassila il giovane, per porre fine
alle reiterate razzie perpetrate dai pirati tirreni a danno dei commerci aperti dalla città con le colonie tirreniche, avesse mosso contro di loro con un forte esercito, sconfiggendo e scacciando
i pirati da queste terre. Per i Tirreni gli innumerevoli scogli e l’alta rocca caratterizzanti la costa scillese costituivano un rifugio naturale ideale, luogo inaccessibile da cui dirigere
redditizie scorrerie lungo le coste, nascondiglio sicuro per il bottino e baluardo di difesa contro eventuali controffensive nemiche.
Presumibilmente sorsero quindi contrasti e lotte tra i primi marinai e pescatori che avevano
occupato la zona e i pirati Tirreni, alla cui bellicosità forse si deve attribuire la causa dell’arretramento dal mare dei pescatori, ostacolati dai pirati nella pratica su cui basavano il
proprio sostentamento. Ciò spiegherebbe il trasferimento di residenza verso la zona alta di Scilla ‐ l'attuale quartiere di San Giorgio ‐ attuato da queste genti marinare, che si trasformano in
agricoltori e cacciatori e mantengono poi attive le nuove pratiche fino all’età moderna.
Espertissimi nella navigazione, i Tirreni avevano dominato a lungo da incontrastati padroni
le rotte del Mediterraneo, esercitando il proprio predominio soprattutto nello Stretto, grazie al presidio posto sulla rupe scillese, all'imboccatura del canale, presumibilmente fortificato. Più
tardi però questi vennero sconfitti dai reggini, vittoria questa che segna un momento significativo nella storia di Scilla, considerata da Anassila un importante avamposto di controllo sulle
rotte marittime. Mentre si assicura il dominio sul territorio circostante inglobando una nuova sezione del Chersoneso reggino, al tempo stesso Anassila ha cura di realizzare una "stazione delle
navi" a Punta Pacì, ordinando la costruzione di un porto dotato di un agguerrito presidio militare.

L’opera di fortificazione dell’alto scoglio fu portata a termine dai successivi tiranni
reggini, spesso impegnati in scontri con i pirati che combattono avvalendosi del porto fortificato appositamente costruito a Monacena, verso Punta Pacì, in un luogo inaccessibile dal lato opposto
allo scoglio. Baluardo della sicurezza dei reggini, la fortificazione di Scilla dotata di approdo è di fondamentale importanza agli effetti del felice esito della guerra contro la pirateria,
consentendo ai tiranni di Reggio di opporre per lungo tempo una valida resistenza contro gli attacchi di nuovi nemici e contro i continui tentativi di rivalsa dei Tirreni sconfitti.
Agli inizi del III secolo a.C., dopo la presa di Reggio ad opera del tiranno di Siracusa
Dionisio I, che nel 386 a.C. aveva distrutto la flotta navale della città di stanza a Lipari e nel porto di Scilla, I pirati tirreni tornarono ad essere audaci e si reinsediarono sul promontorio
scillese, dove ripresero a dedicarsi alla pirateria avvalendosi del preesistente porto fortificato fino a quando, nel 344 a.C., il prode Timoleonte di Corinto riuscì a sconfiggerli
definitivamente.
Per quanto riguarda la successiva storia della fortificazione dell'imponente scoglio di
Scilla, si ha testimonianza di come essa coincida con la storia delle vicende che hanno caratterizzato il reggino all’indomani della tirannide siracusana.
In tarda età magnogreca lo scoglio
scillese è una fortezza, conosciuta come Oppidum Scyllaeum, successivamente potenziata nelle sue strutture militari durante l'età romana, allorquando porto ed oppidum costituiscono un funzionale
ed efficiente sistema di difesa per i nuovi dominatori del Mediterraneo.
Alla fine del II secolo a.C., durante le guerre condotte dai Romani contro i Tarantini
sostenuti da Pirro, e in particolare durante la prima e la seconda guerra punica, i Cartaginesi che avevano stretto alleanza con i Bretti e circolavano liberamente lungo le coste reggine, furono
fermati nella loro ascesa proprio grazie alla strenua resistenza opposta loro dalla fortificata città di Scilla, alleata di Roma.
L’importanza della Scilla latina cominciò a decadere all’indomani della conquista romana
delle terre siciliane quando, dopo Reggio e Siracusa, Messina assurse al ruolo di nuovo caposaldo per il controllo dello Stretto.

Pur tuttavia Scilla, posta all’imbocco settentrionale del canale, continuò a costituire
un’importante tappa d’approdo lungo la costa tirrenica continentale, tant’è che nel 73 a.C., durante la guerra condotta dai romani contro gli schiavi, la cittadina sembra essere stata prescelta
da Spartaco, a capo dei ribelli, per accamparsi in attesa di poter attraversare lo Stretto.
La fuga in Sicilia, progettata dagli schiavi ribelli con il ricorso a zattere costruite col
legno di castagno estratto dai boschi scillesi, non ebbe tuttavia alcun esito a causa della presenza lungo lo Stretto delle minacciose navi pompeiane.
Successivamente il tratto di mare antistante
la cittadina fu teatro degli avvenimenti che segnarono l’ultimo scontro tra Pompeo e l'annata dei Triunviri, conclusosi nel 42 a.C. con la disfatta del primo.
In quel frangente il porto di Scilla offrì opportuno rifugio alle navi di Ottaviano pressate
dalla flotta di Pompeo, allorquando il futuro Augusto, nel tentativo di rimandare lo scontro finale ad un momento a lui più propizio, colse l’importanza strategica di Scilla e, una volta
liberatosi definitivamente dei rivali, decretò l’ulteriore fortificazione del suo porto.
Dopo Ottaviano non sembra che la fortificazione scillese abbia conosciuto nuovi
rimaneggiamenti, sebbene la cittadina continui a detenere l’importante ruolo di centro marittimo locale, come testimonia san Gerolamo quando, approdato nel 385 a Scilla durante il suo viaggio
verso Gerusalemme, ci ha lasciato testimonianza nel III libro delle sue opere, circa la grande esperienza dei marinai scillesi, capaci di fornirgli consigli assai utili per il buon proseguimento
della navigazione.
Lo stato di abbandono in cui sembra trovarsi la fortezza di Scilla in tarda età romana,
presumibilmente, dipende dal localizzarsi la stessa al di fuori degli itinerari terrestri percorsi dai barbari, durante le loro invasioni nel sud della penisola.
Costoro, infatti, nel loro
"calare" a sud, utilizzano i tracciati viari romani rimasti agibili in quell’epoca di decadenza. Scilla, che non era allacciata alla via Popilia, unica strada consolare esistente lungo la costa
tirrenica, rimane dunque estranea ai fatti essenziali del tempo.
Difatti la Via Consolare Popilia, nel tratto più meridionale del suo percorso non bordeggiava
la costa, bensì risaliva verso l’interno passando per Solano e, superate le Grotte di Tremusa, raggiungeva la statio ai Piani della Melia, dirigendosi poi verso Cannitello, «ad Fretum», senza
ripiegare verso Scilla.
Ai primi monaci basiliani gli storici attribuiscono la fondazione del Monastero e della chiesa di San Pancrazio, tra l’VIII e il IX secolo d.C., fortificati per volontà
della stessa Bisanzio, che aveva affidato ai Padri il compito di difesa delle coste dello Stretto.
Il terremoto del 1783 rappresenta uno spartiacque importante nella storia di Scilla per la
particolarità con la quale si abbatté sulla cittadina e anche perché rappresentò la fine di uno sviluppo economico che Scilla ebbe lungo tutto il settecento.
Riepilogo ...
• età omerica, la leggenda vuole che siano stati gli esuli troiani a costituire il primo
nucleo abitato sotto la rupe, dove grazie ai numerosi scogli era più facile la pratica della pesca.

• 456 d.C., il villaggio è distrutto dai Vandali.
• VIII‐IX sec., il dominio bizantino
garantisce alla terra di Scilla una certa prosperità; la rocca è abitata da
monaci italo‐greci, chiamati Padri Basiliani.
• IX‐XI sec., le coste calabre sono sconvolte dalle feroci scorrerie saracene.
• 1060, i Normanni dopo un lungo assedio al castello occupano il borgo e scacciano per sempre
i Bizantini.
• XI‐XIV sec., Scilla conosce sotto gli Svevi un periodo di prosperità grazie ai commerci con
l'Oriente e con i principali porti dell'Adriatico. Poi passa sotto il dominio degli Aragonesi e quindi degli Angioini.
• 1523, Paolo Ruffo, conte di Sinopoli e capitano d'armi in Reggio Calabria, acquista il
feudo di Scilla e impedisce al feroce pirata Barbarossa di sbarcare su questi lidi. La famiglia Ruffo, di origini antichissime, ha segnato la storia di Scilla, come quella dell'intera Calabria,
portando i suoi membri a ricoprire cariche di vicari, viceré, marescialli, prelati, cardinali.
• 1720, il castello di Scilla viene fortificato dagli Austriaci per difenderlo dagli Spagnoli
che però nel 1734 ritornano in possesso delle Due Sicilie. Nel 1783 un terribile terremoto‐maremoto devasta il borgo.
• 1827, tramontato l'astro napoleonico, i Borbone, tornati padroni del Regno, istituiscono
anche a Scilla una guardia urbana.
La Piccola Venezia del Sud
Antico borgo di Scilla, Chianalea viene denominata “la piccola Venezia” per il modo in cui le
case sono situate: poggiate completamente sull’acqua. Sullo “Scaro Alaggio”,che offre l’approdo alle barche dei pescatori,si impone per armonia architettonica il Palazzo Scategna,attuale hotel
“Il Principe”. Proseguendo

per le piccole viuzze di Chianalea si possono osservare antiche fontane e chiese. Tutto ciò è
vigilato dall’austero Castello dei Ruffo, sulla rocca che è la stessa del mostro omerico. Costruito a scopo militare,l’imponente edificio è stato riadattato ad uso residenziale dal conte Paolo
Ruffo che nel 1532 subentrò nel feudo di Scilla ai precedenti signori. Dal Castello,sede di convegni e mostre d’arte,si può ammirare un meraviglioso panorama che comprende le isole Eolie e la
costa siciliana.
I prodotti tipici
Una delle principali attività cui era dedita la popolazione, fino a qualche anno fa, era la
pesca che trovava la sua più alta espressione nella "caccia" al pescespada (pesca tradizionale) condotta con il lontre, una speciale barca a remi usata fino agli anni cinquanta, e successivamente
con la passerella, una speciale barca a motore con una lunga passerella a prua e una alta antenna centrale, detta falere, che serve per rilevare la presenza del pesce. Altra attività sempre in
crescita è il turismo, attraendo Scilla per il mare, le spiagge, l'offerta di ristorazione, le bellezze naturali e le opere architettoniche.
Oltre al pesce spada, il territorio offre i profumi del vino, il Cerasolo di Scilla, ottenuto
dalle uve zibibbo e dei limoni di qualità “verdello” (foto sopra) ed anche l’olio essenziale di Bergamotto.
    
I piatti tipici
 
Il pesce spada è l'incontrastato re della gastronomia scillana: qui, come a Bagnara, viene
cucinato secondo tradizionali ricette, al forno (foto sopra), in padella o nel sugo dei maccheroni.
“ gghiotta di pescespada”
Per 2‐3 persone
400 gr di pesce spada fresco 2 cucchiai di pinoli
2 cucchiai di olive verdi
Farina q.b
Olio extra vergine di oliva
250 gr di pomodori
1 cucchiaio di capperi
1 manciata di uva passa Cipolla
Basilico
Tagliate a pezzetti il pesce, infarinatelo e friggetelo in una padella per qualche minuto,
avendo cura di lasciare la polpa morbida e non troppo croccante. Togliete dalla padella e ponete su carta assorbente. In un’altra padella rosolate un po’ di cipolla in qualche cucchiaio di olio,
dopo unire le olive snocciolate, i pinoli, i capperi e l’uvetta. Fate rosolare gli ingredienti insieme per pochi minuti, infine unite i pomodori tagliati a pezzi e un pizzico di sale. Fate
cuocere fino a quando si sarà formato il sughetto rappreso al punto giusto. Unite i pezzetti di pesce precedentemente fritti, mescolate un paio di minuti a fuoco basso, aggiungete il basilico e
servite. Nel caso in cui lo doveste utilizzare come condimento per la pasta, il procedimento sarà sempre lo stesso, basta semplicemente unire la pasta, dopo cotta, nella padella e farla saltare
qualche minuto con il condimento. Vi consiglio però di tagliare il pesce in pezzi più piccoli.
Sagre e Manifestazioni da non perdere ...

La festa religiosa che si celebra in onore del Santo Patrono San Rocco vede svolgersi una
processione tra i quartieri del borgo, che si conclude in Piazza San Rocco con uno spettacolo pirotecnico.
L’Ottobre Scillese è invece una manifestazione dedicata alle tradizioni artigianali ed
enogastronomiche.
Festival del Pescespada ‐ agosto ‐ Un evento di promozione culturale inteso al recupero di
antiche tradizioni popolari, legato a vecchi e nuovi sistemi di caccia al pescespada caratterizzati dal tradizionale lancio a mano. Si svolge nel Porticciolo di Scilla, sul tratto di mare
antistante l'antico borgo di Chianalea, le cui case adagiate sul mare fungono da barche per vecchi e giovani pescatori, specializzati nel cacciare uno dei pesci più veloci delle specie, il
Pescespada. Pesce che, una volta pescato viene cucinato all'aperto dalle stesse mogli dei pescatori e servito con le penne alla "ghiotta" e alla brace condito con sarmoriglio, accompagnato da
vino locale. Nelle tre serate, oltre ai momenti di folklore, musica popolare, mostre e proiezioni di filmati a tema, l'evento si caratterizza con la reale rappresentazione delle scene di pesca
con il "Luntri", così come nell'antichità, ossia con la presenza del "Bandiaturi" al Castello Ruffo che, a mezzo di bandiera ed urla indirizzava l'imbarcazione verso l'avvistato pesce. Tipica
imbarcazione a quattro lunghi remi il "luntri" che, per la sua valenza storica nel 2003 ha sfilato al Corteo Storico di Venezia riscuotendo un successo di livello internazionale.
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